Quando, nel 2001, fui candidato e poi eletto al Senato della Repubblica nel collegio che comprendeva Bagnoli sapevo dell’ILVA e del suo ruolo nel contrastato processo di industrializzazione di Napoli e conoscevo Bagnoli, il quartiere sorto intorno all’insediamento industriale coi caratteri, urbanistici e sociali, che costituiscono una tipologia pressoché uniforme in tutte le città industriali del tardo Ottocento e primo Novecento. Sapevo assai meno, quasi niente del Circolo, che ritenevo fosse uno dei tanti dopolavoro affiancati a grandi fabbriche o imprese produttive. Fu perciò una scoperta trovare un Circolo di oltre 2000 soci, attivo e vivacissimo, arricchito da una serie di squadre di giovani dediti agli sport più diversi, dal canottaggio alla lotta; patrocinatore di due compagnie teatrali di giovani e meno giovani dilettanti, impegnati perfino in nuove creazioni; luogo di organizzazione di scuole di ballo e di esposizione di preziose collezioni filateliche, per di più tematiche e qualcuna dedicata proprio alle fabbriche ed insediamenti industriali
e alla loro funzione. Più ancora fu lieta scoperta riscontrare che il Circolo, dismessa la fabbrica e scomparsi i grandi partiti operai, restava l’unico luogo di aggregazione sociale e civile dell’intero quartiere ed ancor più dell’intera area. Un luogo di aggregazione
interclassista, che, però custodiva lo spirito di corpo ch’era lo spirito del lavoro, l’etica del lavoro (e, forse, non a caso, incontravo pochi politici militanti nel Circolo). Il tutto vissuto in armonia e governato con armonia dall’intelligenza di Guglielmo Santoro, insostituibile presidente, dotato di spirito d’iniziativa gestito con sobrietà, garbo, rispetto per tutti. Lì, nel Circolo, le domeniche nelle quali andavo a trascorrere qualche ora di riposo, incontravo persone militanti – e non solo di sinistra – che discutevano i problemi della città e del quartiere, ponevano questioni spesso non banali e mai dettate da meschini interessi. Incontravo anche vecchi operai e dipendenti dell’Ilva, generosamente impegnati a sostenere le loro idee che, talvolta, in passato avevano comportato rischi e sacrifici. Mi pareva di rivedere – sia consentito questo omaggio familiare – mio Padre, un modesto impiegato di banca, che per non tradire le sue idee di libertà e democrazia non aveva preso la tessera del fascio ed io conservo, negli occhi e nella mente, la sua angoscia per i sacrifici imposti alla sua famiglia, forse senza capire, fino in fondo, quale insegnamento impartiva ai suoi figli. Lì, nel Circolo, ho trovato persone disposte, senza alcuna contropartita, a sostenere la loro parte politica, il loro rappresentante in Senato, scrutandone e giudicandone l’operato e però fiduciosi e rispettosi. lo, per altro, non venivo da alcuna militanza politica e tanto meno partitica. Venivo dall’Università, dove stavo da sempre, e dove ero stato preside e rettore per tantissimo tempo e perciò ero scrutato con rispetto.
Credo, tuttavia, che si sia creato tra me e il Circolo e tanti Soci un rapporto franco, sereno, fruttuoso, che dura anche oggi, quando non sono più in Senato.
Ho difeso, per tutto questo ed altro, tenacemente la sopravvivenza del Circolo nella Bagnoli futura ( che spero di vedere fmché sono in vita) e le sue iniziative, specie quelle dei giovani. Ne ho conosciuti di bravissimi, e non solo nelle attività sportive. E ad essi guardo con fiducia.
Ho più volte detto, dopo averlo costatato da senatore, che a Bagnoli non restano che due sole strutture organizzative di aggregazione sociale, in grado di fornire ai giovani occasioni di incontro, di dialogo, di amicizia, di interazione culturale, offrendo loro un esempio di società civile nel senso serio della parola, non in quello, strumentalmente rozzo, ipocrita e falso utilizzato da qualche politicante privo di idee e da qualche arrivista privo di scrupoli. Si tratta delle parrocchie dove operano alcuni giovani sacerdoti che ho conosciuto e apprezzo, e del Circolo ILVA.
Per tutto questo, quando il Circolo compie cent’anni di vita (una circostanza straordinaria, direi eccezionale in un paese dove le tradizioni – specie quelle positive – non si continuano ma si spezzano), l’augurio che rivolgo è quello che, tra altri cento anni, altri potrà egualmente celebrare l’evento in spirito di gioioso compiacimento e di rispetto per un altro, lungo pezzo di lavoro fruttuoso. E che lo spirito, tra le novità e nelle novità, sia quello di oggi: l’assolvimento del compito quotidiano, che è la forma
più alta di etica del lavoro.
Ad multos annos, cari Amici del Circolo Ilva!